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STREGONERIA
Poteri straordinari attribuiti a uomini e donne, tali da renderli capaci di piegare a proprio vantaggio le forze nascoste della natura o di entrare in rapporto con esseri oltremondani. La credenza nella loro esistenza è antica e si ritrova in diversi contesti storico-geografici. Le risorse attribuite a queste persone erano polivalenti e ambigue: influendo, con tecniche magiche, sul corso ordinario degli eventi (per esempio sul clima e sui raccolti), sulla salute e la fecondità degli esseri viventi, sui voleri degli altri individui, streghe e stregoni potevano svolgere funzioni positive di tutela o funzioni ostili, per propria iniziativa di aggressione o per le richieste di committenti in lotta con persone nemiche. Praticavano forme rudimentali di medicina e la magia terapeutica, decifravano i segni del futuro, recuperavano tesori e cose smarrite, facilitavano o impedivano, a seconda delle richieste, la tessitura di legami tra i sessi e la procreazione. Ma potevano anche compiere fatture e malie, procurare morti premature, distruggere le messi e il bestiame, seminare infelicità e discordie. Nelle precarie condizioni di esistenza delle società del passato, e soprattutto nel quadro di relazioni conflittuali tra gli individui, il potere distruttivo attribuito agli stregoni consentiva anche di spiegare le disgrazie che si abbattevano sulla vita dei singoli e delle comunità locali scaricando su un capro espiatorio, destinato a essere respinto ai margini della collettività, tensioni interne e desideri di rivincita. La denuncia contro i presunti adepti della stregoneria affondava non di rado le sue radici nelle rivalità di vicinato e scaturiva dall'iniziativa di famiglie che si ritenevano offese, concentrandosi di preferenza contro personaggi isolati e posti in condizioni strutturali di debolezza, in particolare contro gli anziani e le donne vedove o sole. La cultura dell'Occidente cristianizzato sembra essere stata sensibile soprattutto alla sottolineatura del lato minaccioso e negativo della stregoneria: vedendo in essa la sopravvivenza di usi superstiziosi e di una mentalità pagana, potenzialmente eversiva rispetto al ruolo riconosciuto al ceto sacerdotale nella mediazione con la sfera del sacro, la combatté fin da tempi antichi. Gli imperatori cristiani del IV secolo minacciarono pene severe contro coloro che si dedicavano alle pratiche magiche; nella stessa posizione si posero i concili dell'alto Medioevo e i sovrani carolingi.

IL SABBA.
La svolta determinante si produsse però alla fine dell'età medievale, quando gli elementi folklorici da tempo annodatisi intorno alla figura degli stregoni (in modo particolare l'idea del volo notturno e delle metamorfosi animalesche, che rimandano in ultima analisi al mito ancestrale del viaggio estatico nel mondo dei morti) si fusero con la demonologia dotta, sfociando nell'idea della stregoneria come setta ostile, materialmente organizzata in forme corporative, fondata sul patto stipulato con il demonio e sul culto a lui attribuito. L'alleanza segreta delle streghe, che ricalcava da vicino i tratti assegnati ai "complotti" di lebbrosi ed ebrei venuti alla luce nel clima generale di insicurezza del XIV secolo, fu presto dotata anche di una sua liturgia capovolta, culminante nell'adunanza periodica del sabba: Streghe e stregoni si radunavano di notte, generalmente in luoghi solitari, nei campi o sui monti. Talvolta arrivavano volando, dopo essersi spalmati il corpo di unguenti, a cavallo di bastoni o di manici di scopa; talvolta invece in groppa ad animali, o trasformati in animali essi stessi. Coloro che venivano ai raduni per la prima volta dovevano rinunciare alla fede cristiana, profanare i sacramenti e prestare omaggio al diavolo, presente in forma umana oppure (più spesso) in forma animale o semianimale. Seguivano banchetti, danze, orge sessuali. Prima di tornare alle proprie case streghe e stregoni ricevevano unguenti malefici, confezionati con grasso di bambino e altri ingredienti (C. Ginzburg). La credenza nel sabba raggiunse una forma elaborata intorno alla metà del Trecento nelle Alpi occidentali, sovrapponendosi ai modi più arcaici di immaginare la pratica stregonesca. L'effetto determinante che ne derivò fu quello di trasformare quest'ultima in una contestazione frontale dei dogmi e dei sacramenti della Chiesa, spostandola dal campo della superstizione a quello dell'eresia, che rientrava nelle competenze dell'Inquisizione. La repressione poté così farsi più incisiva, assumendo dimensioni di primaria rilevanza a partire dalla metà del XV secolo, quando cominciò a trovare sostegno in una letteratura specializzata, che si infittì nei decenni seguenti: da opere come il Formicarius del domenicano tedesco Johann Nider (1437 ca.) o il Malleus maleficarum dei suoi confratelli Heinrich von Krämer e Jakob Sprenger (1486), si giunse fino alle Disquisitiones magicae del gesuita Martino del Rio (1559), alla Démonomanie des sorciers di Jean Bodin (1580) e ad altri testi ancora più tardi. Queste opere relegavano a un piano decisamente minoritario gli inviti alla prudenza e gli orientamenti in senso scettico che pure avevano a volte manifestazioni autorevoli, come la presa di posizione del medico Johann Wier, nella seconda metà del Cinquecento, o la seicentesca Cautio criminalis del gesuita Friedrich Spee.

LA REPRESSIONE. Approvata e ripetutamente incentivata dall'autorità pontificia (Summis desiderantes affectibus, 1484), nel corso del Cinquecento la repressione della stregoneria si diffuse dalle zone alpine e renane soprattutto all'Italia settentrionale, alla penisola iberica, alla Francia intera, ai Paesi bassi; con maggiore lentezza alla Gran Bretagna e alla periferia nordorientale del mondo europeo. La Svezia fu raggiunta dopo la metà del Seicento; la Polonia più tardivamente ancora, parallelamente alle repliche sanguinose che andavano conoscendo le terre da poco "civilizzate" del Nuovo mondo (con la caccia alle streghe di Salem, nel Massachusetts, del 1692). La fase più dura della lotta si collocò in Europa tra il 1560 e il 1630, in coincidenza con lo scontro confessionale aperto dal sedimentarsi della Riforma protestante e dall'avvio della Controriforma. In entrambi gli ambiti religiosi la nuova ondata di cristianizzazione e la volontà di "conquista" delle aree più isolate e tradizionaliste del mondo rurale spiegano la forza accentuata con cui si cercava di imporre una disciplina uniforme; nel medesimo tempo l'accusa di stregoneria si offriva come un'arma efficace per demonizzare ogni possibile forma di resistenza ed emarginare gli avversari incontrati sul cammino. Comune a protestanti e cattolici fu inoltre la stretta collaborazione tra autorità ecclesiastica e civile nella repressione giudiziaria del fenomeno. I tribunali secolari erano anzi in molti luoghi gli unici ad agire, per esempio nei territori a religione mista (come taluni cantoni svizzeri) o negli stati cattolici su cui l'Inquisizione non estendeva i propri poteri, e lo facevano con intransigenza certamente non inferiore a quella consentita dalle procedure penali delle Chiese. Il declino della polemica contro la stregoneria, a partire dalla seconda metà del Seicento, fu provocato dal mutato atteggiamento delle elite religiose e dei professionisti della giustizia, vale a dire dalla crescente revisione in senso scettico della costruzione demonologica tradizionale, con la conseguente ricerca di casualità di ordine più strettamente medico o naturale per spiegare forme di condotta anomale. L'incipiente svolta razionalistica, rafforzata dai fermenti culturali settecenteschi, trovò consacrazione nel Congresso notturno delle lammie di Girolamo Tartarotti (1749).

D. Zardin


M. Romanello (a c. di), La stregoneria in Europa (1450-1650), Il Mulino, Bologna 1975; C. Ginzburg, Storia notturna. Una decifrazione del sabba, Einaudi, Torino 1989.
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